COSÌ È LA VITA (THAT'S LIFE) |
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di Blake Edwards, con Julie Andrews, Jack Lemmon, Sandy Kellerman
(Stati Uniti, 1986)
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C'è un regista, uno degli ultimi della vecchia, se non della vecchissima guardia, ormai più vicino ai settanta che ai sessanta. C'è un titolo e una storia che potrebbe anche essere crepuscolare: la cantante Julie Andrews si sottomette ad una biopsia per un tumore alla gola che potrebbe anche essere maligno. È un sabato, ed il risultato giungerà lunedì mattina: That's life è la cronaca di quell'attesa: ma non soltanto, e nemmeno soprattutto. È la storia dei suoi rapporti con la famiglia (in primo luogo con il marito, Jack Lemmon, architetto che compie 60 anni in piena crisi esistenziale ed ipocondriaca): tutti con i loro fastidi che, all'opposto del suo, sono di quelli che si definiscono grassi. La tipica opera-somma, quindi. Il bilancio sicuramente anche autobiografico che, considerate le premesse, poteva benissimo dar luce all'ennesima lacrimosa love story. Sennonché. Blake Edwards è a un maestro dell'equilibrio in cinema: equilibrio fra lacrima e risata, fra dramma e leggerezza di tocco: trasformatosi in maestro di commedia-slapstick (la comunque straordinaria serie delle Pantere rosa) per esigenze di botteghino. Ed ecco quindi che That's life è forse un po' più sul commosso che sull'esilarante rispetto a ciò che potevano attendersi i fan dell'ispettore Clouseau: ma è un fior di film. Magnificamente costruito, proprio sulla famosa unità della tragedia classica: 72 ore di unità di tempo, la casa e la famiglia dell'autore (Julie Andrews è la moglie del regista, e nel film recitano figli loro e di Jack Lemmon...) come unità di luogo, e la vicenda di cui sopra come unità d'azione. Un blocco perfetto, con attori mostruosi (istericamente eccessivo lui, commoventemente misurata, esattamente anti-love story lei). E una filosofia, che sarà anche spicciola come succede al cinema, ma che in tanto equilibrio finisce col diventare esemplare ed eterna. Lo sguardo registico dell'autore, proprio come i sentimenti dei personaggi che egli mette in scena è sfiorato dalla stanchezza: ma è proprio questa stanchezza, considerato l'assunto, a far lievitare il tutto. A trasformare lo sfoggio d'abilità in confessione umana.
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